Vini e liquori
Nella bottega che sta tra il Ristorante e il Caffè, gestita sempre dalla famiglia Pedretti, potete anche acquistare alcuni dei più rinomati vini prodotti nel nostro territorio ed anche alcuni liquori tipici della tradizione locale.
I vini
Lambrusco
“Brusco e frizzante che prima pizzica la gola e poi diventa dolce come il miele”, così il grande compositore Mozart descriveva il vino emiliano per eccellenza. Il lambrusco ha un colore rosso scuro tendente al violaceo, un sapore lievemente asprigno e un tenore alcolico tra i 10 e gli 11 gradi. Ne esistono diverse varietà: Sorbara, Grasparossa, Salamino, coltivate nelle province di Parma, Reggio Emilia e Modena e riconosciute DOC nel 1970.
La storia del vitigno “la(m)brusca” è antichissima. Se ne trova traccia nel Naturalis historia di Plinio il Vecchio e la più antica attestazione sembra risalire a Virgilio.
Il nome, che deriva dal francese brous (broussaille cioè selvatico), ne rivela il carattere e le origini: indica, infatti, la vite selvatica utilizzata per ottenerlo, presente nelle pianure della Bassa già al tempo dei romani.
La sua fama, però, è legata soprattutto alla storia del ‘900, alla cultura popolare e al fiorire delle osterie emiliane. Ampiamente diffuso a Parma, forma un binomio inscindibile con la cucina tipica, stemperandone i ricchi sapori.
Si accompagna alle paste fresche ripiene, ma anche al maiale e ai suoi derivati. La tradizione vuole che se ne versi qualche goccia nel brodo degli anolini…
Fortana
È un vino rosso frizzante tipico della Bassa parmense, dove si coltiva probabilmente fin dal 1400.
La leggenda vuole che il vitigno sia stato importato a Ferrara dalla Cote-d‘Or (Borgogna) come parte della dote di Renata, figlia del re di Francia, che nel 1528 andò in sposa il duca Ercole II d’Este. Per questo è detta anche “Uva d’Oro”.
Il nome “fortana”, invece, potrebbe derivare da “fruttana”, che indicava l’alta produttività del vitigno, o, forse indicare la sua resistenza e capacità di adattarsi ai terreni argillosi tipici del territorio.
Il sapore fresco e la bassa gradazione alcolica rendono questo vino particolarmente adatto ai piatti saporiti e calorici della zona, come culatello e spalla cotta. Giovannino Guareschi, grande estimatore della Fortana, si riforniva di questo vino presso la località di Samboseto, una frazione si Busseto vicinissima alle Roncole.
Malvasia
Più che di malvasia, sarebbe corretto parlare di “malvasie”, perché vini con questo nome si trovano in diverse parti d’Italia, dall’Istria alla Sardegna, e in altri paesi del Mediterraneo, e ci sono ben 17 varietà di uva “malvasia”.
Il nome viene da quello della città greca di Monemvasia, in Peloponneso. E dalla Grecia, dove si produceva fin dall’antichità, questo vino venne importato in Italia dai Veneziani ed era diffuso e amato già nel Medioevo.
La malvasia può essere sia dolce sia secca e, sebbene sia conosciuta come un vino frizzante, da qualche decennio esiste anche nella versione ferma. Una caratteristica comune a tutte le varietà è il profumo intenso e aromatico.
Nel nostro territorio le malvasie più amate e diffuse sono quelle dei Colli di Parma e dei Colli Piacentini, entrambe DOC. La Malvasia è particolarmente indicata per accompagnare i salumi e la torta fritta. La versione dolce si beve col dessert, la frutta e abbinamenti particolari, come prosciutto e melone.
Gutturnio
Vino che si produce con uve barbera e croatina (detta anche “bonarda”), coltivate su terreni alluvionali nelle prime colline piacentine. Ha colore rosso rubino, sapore asciutto e profumo intensamente vinoso.
È uno dei primi vini ad avere ottenuto la DOC nel 1967. Il nome deriva probabilmente da quello di un grosso boccale, il “gutturnium”, in uso fin dall’epoca romana che, alla fine della cena, veniva fatto passare tra i commensali per bere il sorso dell’amicizia.
Esistono diverse varietà di gutturnio: frizzante, superiore, riserva, classico superiore e classico riserva.
Il gutturnio si accompagna bene alle carni, in particolare bianche, arrostite, fritte (come le cotolette alla milanese) o ai lessi e al cotechino, che dalle nostre parti non mancano mai.
I liquori
Nocino
Il nocino è il liquore di San Giovanni. Si preparava, infatti, con le noci raccolte per la festa del santo (24 giugno), quando si credeva – e non a torto – che le piante fossero al massimo del loro rigoglio e possedessero, quindi, una maggiore concentrazione di virtù magiche e benefiche.
Molte erbe medicinali (artemisia, camomilla, valeriana, malva, arnica) si raccoglievano in quella data ed erano dette, perciò, erbe di San Giovanni.
Anche l’alcool, che in origine era usato per preparate medicine, ed era chiamato “acqua di vita” (da cui acquavite), era posto sotto la protezione del santo battezzatore.
Come altri liquori, il nocino è nato probabilmente nelle farmacie dei monasteri ed è passato attraverso le distillerie dei nobili, prima di arrivare alle cucine della gente di campagna.
Ogni famiglia ha la sua ricetta ma quella più diffusa è piena di simbologie un po’ pagane e un po’ cristiane. Per ogni bottiglia ci vogliono 24 noci verdi, col mallo ricco di tannini e il guscio ancora tenero. Le noci vanno tagliate in quattro spicchi con un coltello di legno. Ad esse si aggiungono 12 chiodi di garofano e si lascia macerare il tutto 40 giorni nell’alcool.
Il risultato è un liquore scuro e piacevolmente amarognolo, che viene filtrato e lasciato riposare almeno un anno prima di consumarlo.
Bargnolino
È un liquore tipico delle province di Parma e Piacenza. È fatto con le bacche di prugnolo (prunus spinosa): un arbusto spinoso, spesso usato per le siepi, che in primavera regala bellissime fioriture e in autunno si riempie di bacche blu-viola, simili a piccolissime prugne.
Queste bacche, raccolte pazientemente a mano, vengono messe in infusione in alcool con aggiunta di limone, zucchero e varie spezie, come cannella e chiodi di garofano. Anche in questo caso le ricette variano da paese a paese e da famiglia a famiglia e sono, ovviamente, tenute segrete e tramandate da rezdora a rezdora.
Dopo 40 giorni circa si filtra il liquido e si lascia riposare almeno sei mesi prima di gustarlo.
Il bargnolino è un classico liquore casalingo, perfetto da servire a fine pasto.
Sburlòn
Il buffo nome dialettale significa letteralmente “spintone”, perché si credeva che, servito dopo i ricchi (e grassi) banchetti che si servivano in campagna in occasione delle feste, servisse a “dare una spinta” alla digestione. È un liquore a base di mele cotogne, preparato tagliando i frutti a strisce sottili (oppure grattugiandoli) e lasciandoli in infusione nell’alcool per almeno 40 giorni. Viene poi filtrato e lasciato maturare circa sei mesi prima di essere servito.
Le mele cotogne sono oggi un frutto raro, difficile da trovare in commercio, ma un tempo erano presenti in quasi tutti gli orti della Pianura Padana perché, essendo ricche di pectine, venivano aggiunte alle marmellate per favorirne naturalmente l’addensamento. Erano usate anche per profumare la biancheria, perché il loro aroma piacevole e caratteristico dura a lungo… e si ritrova anche nel liquore.