Tagliatelle Strepponi: un grande classico per una grande diva

In principio fu la fojäda
Non vi è alcun dubbio sul fatto che una delle protagoniste della cucina emiliana sia la pasta fresca all’uovo. Tra le tante forme in cui essa viene proposta, la tagliatella, pur nella sua semplicità, appaga sia il gusto sia la vista!
L’origine delle tagliatelle è antichissima, ma ancora oggi gli ingredienti e il procedimento per realizzarle sono gli stessi. Tutto comincia con la fojäda, o sfoglia parmigiana, fatta impastando insieme farina di grano tenero e uova.

Gialle come l’oro
La farina di grano tenero, più diffusa nei campi dell’Emilia-Romagna rispetto a quella di grano duro, va bene per fare pane e dolci; se impastata con acqua per farne pasta fresca da bollire diventa collosa e molliccia. I nostri avi, però, trovarono la soluzione perfetta: impastarla con le uova. Le proteine dell’albume, infatti, danno alla farina il giusto grado di consistenza ed elasticità che permette di stenderla in fogli sottili, quasi trasparenti, capaci però di resistere alla cottura nell’acqua o nel brodo; mentre i tuorli conferiscono alla pasta un colore dorato assai invitante.

La rezdòra, ovvero: l’ingrediente in più
Resta, tuttavia, un fondamentale ingrediente che non troverete scritto nei libri di cucina: la mano della rezdòra (ovvero la “reggitrice”), la tipica donna di casa emiliana che da sempre si occupa della cucina (e non solo…) con bravura e passione. È lei che, mettendo tutti gli ingredienti insieme e lavorandoli bene, riesce a dare alla pasta fresca la consistenza e l’elasticità perfette. Dopodiché, basterà tirare la pasta con il mattarello fino al punto in cui sarà abbastanza sottile e tagliare tante striscioline della larghezza desiderata.
Prima che inventassero l’apposita macchina per tirare e tagliare la sfoglia, essere in grado di stenderla sottile e uniforme, avvolgerla su se stessa senza farla attaccare e tagliarla con precisione millimetrica in striscioline tutte uguali era punto d’orgoglio per qualsiasi rezdòra.

Origine
Gli impasti sottili a base di farina da cuocere in vario modo sono tra i cibi più antichi, ma la sfoglia così come la conosciamo oggi è documentata per la prima volta dopo l’anno Mille.
Da noi era già diffusa e amata nel Medioevo se Fra’ Salimbene de Adam (1221-1288), nella sua Cronica, si lamenta che i parmigiani ai suoi tempi preferiscano, stranamente, il ripieno alla pasta. Pensiamo, ad esempio, agli anolini, in cui lo strato di pasta che avvolge il loro ricco contenuto diventa tanto più sottile quanto più la rezdora è abile.
Nel caso delle tagliatelle, invece, lo spessore della pasta deve essere maggiore, in modo da poter raccogliere bene il sugo e da avere una consistenza appagante.

Sulle tavole dei ricchi e dei poveri
Tornando alle origini della nostra sfoglia, è importante dire che questa era rigorosamente all’uovo, senza aggiunta né di sale né di acqua. Era preparata quasi quotidianamente nelle famiglie ricche, un po’ più di rado in quelle povere, nelle quali era comunque presente.
Le tagliatelle, in particolare, erano una soluzione più veloce ed economica da fare rispetto alle paste ripiene ed erano anche un modo per utilizzare la pasta avanzata dalla preparazione di queste ultime: i ritagli rimasti dopo aver modellato cappelletti e tortelli venivano, infatti, reimpastati ed usati per fare tagliatelle.

In tutte le salse, sono sempre buone
Nelle famiglie agiate di Parma, le tagliatelle venivano servite a tavola in complicate e sontuose ricette: in veste di soufflé, di timballo o condite con un saporito sugo al petto d’anatra o al prosciutto. Talvolta, specie nelle montagne, le tagliatelle erano accompagnate da un sugo fatto con il pecorino, mentre nella Bassa parmense i taglioloni al forno (detti strigòn al fòren) sono ancora oggi un piatto tipico della tradizione.
Tutti noi però sappiamo che bastano un po’ di burro e una spolverata di Parmigiano per avere un buon piatto di tagliatelle.

Tagliatelle StrepponiLe tagliatelle secondo noi…
Le nostre tagliatelle sono dedicate a Giuseppina Strepponi (1815-1897), famosa soprano nonché seconda moglie di Giuseppe Verdi; sono condite con un sugo a base di pomodoro, pancetta, salsiccia e poco peperoncino: una ricetta semplice e saporita, che di certo sarebbe piaciuta al Maestro…